Nel momento in cui scriviamo, 2019-nCoV ha colpito circa 40000 persone in Cina e causato il decesso di 910 persone. Il numero di persone che hanno contratto il nuovo virus al di fuori della Cina è, al momento, stabile. In Italia, non sono per ora stati notificati casi di trasmissione, ma solo 3 casi di persone che hanno contratto il virus in Cina e sono ora in Italia.
2019-nCoV è un virus con una trasmissibilità apparentemente simile a quella di influenza e, in assenza di misure di contenimento stringenti, avremmo probabilmente visto una curva epidemica molto simile a quella che osserviamo ogni stagione influenzale.
Da quando il nuovo Coronavirus (2019-nCoV) ha fatto la sua comparsa, in molti hanno avanzato l’ipotesi di costruire rapidamente un vaccino per proteggere più persone possibili dall’infezione. Uno di questi vaccini dovrebbe essere prodotto a Pomezia, grazie all’accordo tra Advent IRBM e Oxford university.

Prof Rezza, è davvero possibile costruire un vaccino così rapidamente?
Abbiamo piattaforme già pronte: quelle vettoriali. Nel caso del candidato vaccino contro il nuovo Coronavirus si usa un adenovirus di scimmia (quello già utilizzato per un vaccino anti Ebola non testato solo per mancanza di pazienti). Il vettore esprime sulla superficie gli spikes di 2019-nCoV, cioè le sue proteine di superficie.
Vista l’emergenza potenzialmente planetaria, i processi di sperimentazione e autorizzazione saranno ridotti?
In situazioni di emergenza, le agenzie regolatorie in genere permettono tempi più brevi. Certo, non credo si possa mai stare sotto i 2 anni.
A parte il progetto che dovrebbe iniziare a Pomezia, ci sono altri vaccini in produzione in altri Paesi nel mondo?
NIH sta sicuramente lavorando su diverse piattaforme vaccinali. Così pure russi e naturalmente cinesi. Le tecnologie più veloci sono quelle dei virus vettori animali non replicanti (ottimi da usare in corso di epidemie), oppure vaccini a RNA e la reverse vaccinology.
Quanto sono importanti la cooperazione internazionale e la condivisione delle ricerche nell’affrontare simili sfide?
La cooperazione internazionale e quella pubblico/privato sono fondamentali. Lo vediamo con questo accordo fra Advent IRBM e Oxford university (Jenner Institute). Anche NIH stimola questo tipo di collaborazioni. In attesa di un vaccino, però, dobbiamo usare i “vecchi” metodi: isolamento e quarantena!